Il Manifesto della Robotica Collaborativa

Se siete degli amanti del “fai da te” e siete anche molto ordinati, probabilmente nella vostra piccola officina di casa avrete tutti gli attrezzi ben in ordine.

Magari avete la classica parete degli attrezzi con le sagome disegnate dei vari arnesi. Seghe, martelli, cacciaviti, trapani, chiavi inglesi ecc. Le loro silhouette sono riportate per tenere in ordine il banco di lavoro e per mostrare al volo l’eventuale assenza di un determinato arnese.

Una buona officina ha sempre l’utensile giusto per il lavoro giusto e un bravo attrezzista sa usare gli strumenti adeguati per il lavoro da svolgere e sa in che posizione trovarli. Se siete dei veri appassionati non vi fate mancare niente e passate ore nelle grandi catene del fai da te.

Quale sarà il vostro prossimo oggetto del desiderio?  Vi proponiamo un attrezzo multifunzione, un vero aiutante a tal punto da essere definito “antropomorfo”. Un robot antropomorfo.

Certo, il mercato non è ancora pronto a vendere i robot antropomorfi che vedremo in questo articolo su larga scala “consumer”. Ma forse è questione di anni. Nel frattempo non troviamoci impreparati e giochiamo d’anticipo, approfondiamo i principi fondamentali di un nuovo approccio alla robotica.

Li abbiamo raccolti in questo articolo – documento che ci azzardiamo a chiamare:

“Manifesto della Robotica Collaborativa” .

Il carrello degli attrezzi con un nuovo potente stumento: il Robot

I robot collaborativi sono e verranno usati sempre più spesso come cacciavite per avvitare, come chiave inglese per serrare, come strumenti di incollaggio, come un bilanciatore di peso… all’apparenza nulla di nuovo.

Ma se tutte queste funzionalità fossero raccolte in un solo, programmabile, oggetto? Un oggetto che di volta in volta potrà cambiare la destinazione d’uso, alla portata di chiunque operatore?

Il bravo attrezzista avrà in dotazione un robot multiuso, un oggetto potenzialmente utilizzabile per movimentare tutti gli attrezzi che fino a ieri erano usati esclusivamente dalla mano di un uomo. Il robot saprà quali attrezzi prendere per un determinato lavoro e dove prenderli, grazie all’ambiente ordinato di cui stavamo discutendo prima. In questo modo l’attrezzista potrà concentrarsi sui lavori più complicati o più strategici e lasciare i lavori noiosi e ripetitivi alla macchina automatica.

Come abbiamo detto poco sopra, un robot del genere non lo troverete prossimamente nel negozio sotto casa.

Ma le piccole, medie imprese, le famose PMI possono dotarsi già da ora di questa opportunità.

In questo esempio l’operatore porge i pezzi da lavorare al robot il quale esegue dei movimenti pre-programmati con estrema precisione per tutto il giorno. Avete notato che non ci sono barriere fisiche per dividere l’ambiente di lavoro tra uomo e robot? Questo è l’esempio pratico del coworking, la nuova frontiera degli strumenti per il manufacturing. Ciò che impressiona maggiormente è la disinvoltura che si respira tra operatore e robot durante lo svolgimento delle attività lavorative.

Leggeri, trasportabili, occupano poco spazio e sono estremamente facili da programmare. Ecco l’essenza del nuovo paradigma di automazione!

Ma in un’officina non ci sono solo i banchi di lavoro fissi e le pareti degli attrezzi alle spalle. Ci sono anche i carrelli degli attrezzi che vengono spostati vicino ai lavori da fare. Perchè non montare anche il robot sul nostro carrello, in modo da poterlo trasportare da una parte all’altra di un’officina, a seconda dell’occorrenza?


 

Programmazione sempre più semplice – Smart Setup –

Se vogliamo usare il robot come un semplice attrezzo di lavoro dovrà essere facilmente riprogrammabile e riconfigurabile. Programmare il robot soltanto trascinandolo nei punti desiderati. Cosa c’è di più semplice? Questa tecnologia attualmente già disponibile, spiazza la maggior parte degli utilizzatori di robot tradizionali. In passato tale operazione richiedeva che l’operatore:

      • entrasse in cella con la chiave di sicurezza
      • che lo movimentasse tramite joystick in modalità teaching
      • abilitare una seconda chiave di sicurezza
      • che lo obbligasse a scrivere porzioni di codice

ora si riduce ad un operazione di pochi minuti ed alla portata di tutti!

 

Non più programmazione ma addestramento

Ogni operatore di una particolare linea produttiva, conosce bene la singola operazione che svolge abitualmente. Ma combinate insieme, queste singole unità realizzano un prodotto complesso, per esempio un’autovettura. Se ogni tecnico riuscisse ad insegnare al robot quel particolare compito potremmo avere un aiutante in grado di intervenire nelle varie fasi del processo.

Ma come rendere la programmazione ancora più vicina alle modalità di interazione con strumenti elettronici che usiamo tutti i giorni? Ecco l’idea di sostituire l’istruzione dei singoli punti della traiettoria con la composizione di compiti complessi partendo da quelli più elementari. Per esempio: prendi la parte nell’area segnata di rosso e appoggiala nel centraggio pezzo nell’area verde.

Ogni attività descritta qui sopra conterrà al suo interno, per esempio, istruzioni di movimento, istruzioni riguardo a quale pinza deve essere presa e istruzioni su come rilasciare la parte. L’operatore farà solo un collage delle operazioni predefinite.

Secondo la filosofia del Plug and Produce, una volta collegato, il robot automaticamente si riconfigurerà per l’operazione che dovrà svolgere. L’Europa sta investendo su questo nuovo paradigma come si vede dai fondi messi a disposizione con ilProgetto Horizon 2020.

Il robot potrà essere visto come una prolunga della postazione di lavoro, collegabile o scollegabile secondo le necessità. Quando il robot sarà connesso, uno schermo guiderà l’operatore nelle decisioni riguardanti la produzione. L’operatore, partendo dall’ordine di commessa alle indicazioni per terminare correttamente il lavoro, non si concentrerà sulle istruzioni di movimento del robot ma bensì sul risultato e sulla qualità del lavoro stesso. Il robot, essendo flessibile e sensorializzato, si adatterà alle condizioni di lavoro.

In futuro questi ordini verranno rivolti ai robot in un modo ancora più intuitivo forse grazie a comandi vocali oppure grazie a telecamere o a guanti speciali che registreranno i movimenti dell’operatore e li ripeteranno all’infinito. Tutto questo apre scenari incredibili fino a pochi anni fa. Come quelli che vedono i robot coworker a loro agio anche dietro i fornelli (come si può vedere nel filmato seguente).

 

Il robot riconosce gli errori e decide come comportarsi

Se il robot eseguirà lavori via via diversi è possibile che durante le frequenti riprogrammazioni e riconfigurazioni qualcosa possa non andare per il verso giusto. Ecco quindi che il riconoscimento automatico degli errori e la loro risoluzione diventeranno strategicamente importanti.

Come un nuovo operatore di linea di fronte ad un’anomalia si ferma immediatamente e cerca di capire cosa è successo, allo stesso modo il robot collaborativo imparerà nel tempo a distinguere che cosa è normale e cosa non lo è affatto.

Grazie ai suoi sensori e algoritmi sempre più avanzati si accorgerà quando qualcosa non funzionerà come previsto, arrestandosi e inviando un messaggio di avviso al suo supervisore umano, il quale a sua volta, controllerà le cause dell’errore. Nel caso in cui l’anomalia verrà confermata, il supervisore umano risolverà il problema alla radice, impedendo il ripetersi della segnalazione da parte del robot. Questa situazione intrinseca che permette di aggiustare il tipo di lavoro del robot, non richiederà esperti di programmazione o di robotica, e potrà dare maggiore flessibilità all’utilizzo di questi robot.

La robotica collaborativa è anche fare in modo che i robot imparino dagli errori e si costruiscano da soli la loro esperienza.

L’impiego delle catene di markov (un procedimento statistico usato anche dall’algoritmo di page rank di google) aiuta questo processo per definire i microstati dell’operazione e definire quale sarà il microstato successivo più probabile di un’operazione. Se questo microstato non verrà soddisfatto verrà segnalato un errore che se corretto definirà un possibile nuovo microstato accettabile del processo.

L’apprendimento autonomo è sempre più un argomento di studio e i risultati ottenuti nelle ultime settimane sono incoraggianti come si può vedere da questo video della Berkeley’s Department of Electrical Engineering and Computer Sciences.

 

Ampliare le capacità del Robot

I robot coworker si caratterizzano per la loro versatilità e flessibilità. Grazie alla modularità di apprendimento, indipendente dal suo stesso hardware, il robot collaborativo potrà essere compatibile con altri hardware di marche diverse.

Ogni volta che un attrezzo fisico viene cambiato nel robot collaborativo, il sistema, sia a livello software che hardware, si adatterà. Attraverso software, molto simili alle app degli smartphone, potranno essere installati dispositivi di terze parti sui cobot. Per esempio, se una nuova telecamera (magari per il riconoscimento ottimizzato di pattern di avvitatura) o una nuova pinza elettrica, o un avvitatore che regola la coppia di serraggio in funzione della posizione della vite da inserire, verranno collegati, la relativa applicazione di controllo sviluppata sulla piattaforma del robot si occuperà dell’integrazione ad alto e basso livello con il robot stesso.

In un futuro prossimo saranno a disposizione degli utenti anche store online di app specifiche per i robot. Più o meno come questi: http://www.robotappstore.com/ oppure più specifici del settore industriale come quello di Universal Robots: http://www.universal-robots.com/en/urcaps/

Cambiare al volo la traiettoria per garantire la sicurezza dell’uomo

Robotica Collaborativa significa tra le altre cose che operatore umano e robot condividono lo stesso spazio di lavoro. Di conseguenza la sicurezza dell’ambiente di lavoro è un elemento molto importante. Fino a poco tempo fa il problema veniva risolto chiudendo i robot tradizionali all’interno di gabbie. I robot moderni invece, alimentati a bassa potenza, sono intrinsecamente sicuri e sono un’alternativa ai robot senza protezione perimetrale. Possono essere equipaggiati con delle fotocellule o dei laser-scanner per monitorare l’area. Le fotocellule fermeranno al volo il robot se un operatore entrerà, oppure una volta rilevata la vicinanza di un operatore, rallenteranno il movimento per prevenire urti accidentali. 

Per approfondimenti relativi a queste tematiche potete guardare il nostro video riportato qui sotto.

Questo approccio può essere sufficiente fino a quando i punti della traiettoria da eseguire vengono presi dall’operatore, come abbiamo detto sopra. Ma quando si programmerà il robot per addestramento, per macrofunzioni? E’ probabile che anche l’ambiente di lavoro avrà una variabilità molto alta, avremo necessità che il robot non appena rileverà un ostacolo nell’area di lavoro, potrà in alternativa svolgere una delle seguenti attività:

      • aspettare fino a quando tale ostacolo non uscirà dallo spazio monitorato
      • riprogrammare le sue traiettorie
      • svolgere un altro lavoro, sempre restando in attesa che l’ostacolo esca dall’area di lavoro

 

Chi dovrà insegnare ai Robot il lavoro?

Tradizionalmente la linea produttiva della piccola e media impresa non è mai stata automatizzata come nelle grandi industrie. Automatizzare con i robot tradizionali, è un investimento che richiede tante risorse economiche senza la garanzia di poterle recuperare.

Ora lo scenario è cambiato: perchè questi nuovi robot possono essere addestrati correttamente anche solo dopo una decina di lezioni. Ma chi dovrà insegnare al robot? Sicuramente non dovrà farlo chi non conosce il lavoro, chi non ha l’esperienza e non conosce le malizie per insegnare una determinata attività.

L’istruttore del robot deve avere competenze, deve saper fare il lavoro manualmente, deve delegare le operazioni noiose e ripetitive al robot, proprio come fosse un assistente in carne ed ossa. L’operatore individuerà i giusti utensili per questo robot e gli darà le corrette istruzioni fino al punto in cui non dovrà più controllarlo.

L’obiettivo è fare in modo che l’operatore umano dovrà fare solo da supervisore nei confronti del robot, senza doverlo seguire in ogni movimento. Il robot potrà addirittura imparare da solo, dalla sua esperienza che verrà maturata nel tempo (proprio come noi umani). Proprio come un apprendista  umano, diventerà con il tempo sempre più veloce e “sicuro di sè”.

Grazie all’esperienza acquisita, riuscirà a svolgere lavori senza nemmeno dover essere istruito. Riconoscerà al volo i lavori che dovrà fare, si calibrerà da solo e inizierà a lavorare. Nel caso in cui dovesse incontrare dei problemi, il sistema che controlla il robot chiederà una verifica da parte del supervisore umano.

Torneremo sull’argomento con altri focus e articoli di approfondimento. Seguite il nostro blog e il nostro canale Youtube.

Scritto da Pubblicato il: 19 Maggio 2015tag = ,